
Pensione di reversibilità Corte di Appello di Napoli
Sentenza Corte di Appello di Napoli nr. 1830 del 11/04/2025.
Pensione di reversibilità e matrimoni plurimi: come ho ottenuto giustizia per la vedova
del secondo matrimonio.
Desidero condividere un caso che ho seguito personalmente, conclusosi con una pronuncia di
grande rilievo da parte della Corte d’Appello.
Si tratta di una vicenda particolarmente delicata, che affronta un tema complesso e spesso
oggetto di contenzioso: la ripartizione della pensione di reversibilità nei casi in cui il
defunto abbia avuto più matrimoni.
Il caso in questione ha coinvolto la mia assistita, la vedova del secondo matrimonio, la cui
posizione inizialmente era stata fortemente penalizzata da una sentenza di primo grado che
applicava in maniera rigida il solo criterio della durata del matrimonio, senza considerare le
condizioni economiche concrete delle parti coinvolte.
Con un lavoro approfondito, abbiamo impugnato la decisione e portato avanti un ricorso
fondato su principi costituzionali, giurisprudenza consolidata e una visione equa della
giustizia sostanziale.
La Corte d’Appello ha riconosciuto la fondatezza delle nostre argomentazioni, giungendo a
una riforma significativa della sentenza di primo grado.
Il problema: una decisione iniqua in primo grado
Fin da subito, ci siamo trovati di fronte a un ostacolo rilevante:
Il Tribunale di Napoli, in primo grado, aveva attribuito il 70% della pensione all’ex moglie e
solo il 30% alla mia assistita, basandosi esclusivamente sul criterio della durata dei
matrimoni.
Una decisione che, a nostro avviso, non teneva conto della realtà concreta e delle effettive
condizioni delle due donne.
L’ex moglie era stata effettivamente sposata con il defunto per molti anni, dal 1963 al 1992,
ma percepiva da tempo un assegno divorzile molto ridotto, pari a 154 euro mensili.
La mia assistita vive in condizioni di estrema indigenza, non ha alcun reddito e si prende cura,
senza alcun aiuto, della figlia gravemente invalida. Una situazione che la rende totalmente
impossibilitata a lavorare e a provvedere autonomamente al proprio sostentamento.
L’appello: chiedere equità, non negare diritti Abbiamo quindi deciso di impugnare la sentenza, non per negare i diritti della prima moglie, ma per chiedere una ripartizione più equa e in linea con i principi consolidati della giurisprudenza più recente.
Abbiamo sostenuto che il criterio della durata del matrimonio, pur rilevante, non può essere
applicato in modo rigido e automatico, soprattutto quando entrano in gioco le condizioni
economiche attuali delle beneficiarie, il loro reale bisogno ed il principio costituzionale di
solidarietà.
La decisione della Corte d’Appello: un ribaltamento giusto
La Corte d’Appello ha accolto pienamente le nostre argomentazioni, riconoscendo la necessità
di un bilanciamento più umano ed equo tra i diritti delle parti.
In particolare, ha disposto:
- La riduzione della quota dell’ex moglie dal 70% al 60%,
- L’aumento della quota per la seconda moglie al 40%, riconoscendole così una parte più
significativa della pensione di reversibilità, migliorando in modo concreto la sua situazione di
vita.
Inoltre, le spese processuali sono state compensate integralmente, a testimonianza
dell’equilibrio e della sensibilità della decisione.- Un messaggio importante: la giustizia è fatta di persone
Questo caso dimostra che la giustizia non è fatta solo di numeri o regole astratte, ma deve
confrontarsi con le vite reali delle persone, con le loro fragilità, le loro responsabilità e la loro
dignità.
È possibile far valere i propri diritti, anche quando tutto sembra già deciso.
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