Assegno di Mantenimento e Casa Coniugale: Il “Peso Economico” di Vivere dell’ImmobileFamiliare

L’assegnazione della casa coniugale è uno dei provvedimenti più delicati e significativi in caso di
separazione o divorzio. Sebbene la sua ratio principale sia quella di tutelare l’interesse dei figli
(minori o maggiorenni non autosufficienti) a mantenere il proprio habitat domestico, questa
decisione ha necessariamente importanti riflessi economici che il Giudice non può ignorare nella
determinazione dell’assegno di mantenimento.
Una giurisprudenza ormai consolidata, recentemente ribadita dalla Corte di Cassazione (ord. n.
8764 del 28 marzo 2023), conferma come l’utilità economica rappresentata dal godimento
gratuito della casa debba essere presa in seria considerazione nel bilanciamento dei redditi dei
coniugi.

Il Principio del Bilanciamento Economico
L’assegnazione della casa coniugale opera un notevole squilibrio economico tra le parti,
indipendentemente dal titolo di proprietà dell’immobile.
Il genitore collocatario che ottiene l’assegnazione della casa la gode gratuitamente. Questo si
traduce in un significativo risparmio economico, poiché non deve affrontare spese per:

  • La locazione (affitto) di una nuova abitazione;
  • L’acquisto di un nuovo immobile (mutuo).
    Questo risparmio è assimilabile a un “reddito in natura” che migliora, di fatto, la sua condizione
    finanziaria complessiva.

Di contro, il coniuge che deve allontanarsi dalla casa familiare subisce un pregiudizio
economico. Egli è costretto a sobbarcarsi l’onere di una nuova sistemazione abitativa,
sostenendo quindi nuove spese (affitto o mutuo), anche se è il proprietario esclusivo o
comproprietario dell’immobile assegnato all’ex.
Il Giudice, quindi, nel determinare l’entità dell’assegno di mantenimento, scomputa o comunque
tiene in forte considerazione il rilevante valore economico che l’assegnatario acquisisce ed il
pregiudizio economico subito dall’altro.

La Tutela Legale e le Sue Conseguenze Pratiche
Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale non ha solo implicazioni economiche
dirette, ma anche rilevanti conseguenze sulla circolazione del bene stesso.
La legge prevede che il provvedimento di assegnazione debba essere trascritto nei registri
immobiliari. Questa formalità garantisce l’opponibilità ai terzi: in pratica, anche se la casa
venisse venduta, l’acquirente è tenuto a rispettare il diritto di abitazione del genitore
assegnatario (e dei figli) fino a quando le condizioni per l’assegnazione permangono.

L’Esclusione del Diritto di Prelazione
Proprio in virtù dell’opponibilità, il coniuge assegnatario (anche se comproprietario dell’immobile)
non ha diritto di prelazione in caso di vendita della casa. L’interesse primario dei figli a
permanere in quell’ambiente è già sufficientemente tutelato dalla trascrizione e dall’opponibilità
del provvedimento, rendendo superfluo un diritto di acquisto preferenziale.

Quando Cessa la Correlazione: La Revoca dell’Assegnazione
La stretta correlazione tra assegno di mantenimento e assegnazione della casa coniugale
cessa, ovviamente, in caso di revoca di quest’ultima.

Come ribadito da una recentissima pronuncia della Cassazione (ord. n. 32151 del 20 novembre
2023), la revoca dell’assegnazione è pienamente legittima nel momento in cui viene meno la
sua unica ragione d’essere: la tutela dei figli non economicamente autosufficienti.
Il raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte del figlio (anche se quest’ultimo
continua a vivere nella casa familiare) giustifica e legittima la revoca. Il provvedimento, infatti,
non è una forma di sostegno economico ad libitum per il coniuge assegnatario, ma un presidio
finalizzato esclusivamente a conservare l’ambiente domestico per i figli dipendenti. Una volta
venuta meno la dipendenza economica, viene meno anche la necessità della tutela abitativa
speciale.

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